Paralisi di Bell: Case Report

18.09.2020

Vediamo nello specifico come riabilitare una Paralisi di Bell

Nel precedente post abbiamo visto che cos'è e che cosa comporta la Paralisi di Bell. Oggi, per potervi dare un esempio concreto di come si affronta in fisioterapia tale disturbo vorrei riportarvi il caso di un sassofonista che ho avuto il piacere di seguire durante il mio internato di tesi. Il paziente in questione è un uomo di circa 40 anni, sassofonista professionista dei sax Contralto, Tenore e Soprano e insegnante al conservatorio. A dicembre 2016, durante le prove in teatro, comparivano i sintomi di una paresi facciale a sinistra, probabilmente in seguito a un periodo di forte stress e freddo. Un mese dopo, l'esame strumentale elettromiografico (EMG) evidenziava la denervazione parziale attiva in tutto il territorio del nervo facciale di sinistra. A marzo, il paziente iniziava quindi un ciclo di riabilitazione in regime ambulatoriale bisettimanale con diagnosi di paralisi di Bell. Alla valutazione iniziale i suoi segni e sintomi erano i seguenti: eloquio lievemente disartrico (ovvero difficoltà ad articolare le parole), spianamento delle rughe frontali a sinistra senza deficit uditivo, deficit orbicolare sinistro, deficit nella chiusura della palpebra e lieve deviazione della rima buccale sinistra. Erano inoltre presenti disestesie (sensazioni anomale come dolore, formicolio o prurito) nel territorio di innervazione facciale di sinistra durante la masticazione e lieve ristagno del cibo a sinistra.

La preoccupazione maggiore del paziente era la difficoltà nel suonare il saxofono in quanto, per il mancato controllo del muscolo buccinatore, la guancia sinistra si gonfiava non permettendo un incanalamento funzionale dell'aria nell'imboccatura dello strumento. Inoltre, a causa del deficit stenico del muscolo orbicolare della bocca (il muscolo che, insieme al buccinatore, ci permettere di chiudere la bocca quando ad esempio fischiamo o baciamo), non era possibile mantenere la chiusura della rima buccale, facendo così fuoriuscire l'aria. Infine, in ogni situazione, era presente deviazione dell'asse di simmetria e facile affaticamento dell'emivolto destro che doveva compensare il mancato lavoro svolto dall'emilato sinistro.Durante la valutazione iniziale, seguendo la scala di valutazione Sunnybrook specifica per paralisi del settimo nervo cranico, il paziente aveva conseguito un punteggio totale di 8 punti.

L'intervento del fisioterapista, in accordo con il paziente stesso, si era quindi focalizzato sul raggiungimento dei seguenti obiettivi: recupero della forza; miglioramento della sensibilità; rilassamento dell'emivolto destro iperattivo; miglioramento dell'espressività; raggiungimento delle funzionalità vitali quali la chiusura completa dell'occhio e della bocca alla masticazione; recupero della simmetria a riposo; riduzione dell'affaticabilità muscolare durante l'attività musicale; ripresa dell'attività lavorativa. Il trattamento basato su un primo ciclo di 30 sedute bisettimanali, era stato suddiviso in tre macro fasi: una prima fase volta al recupero della sensibilità e della simmetria associate alla facilitazione dell'attività volontaria, insieme a un lavoro di rilassamento dell'emivolto destro iperattivo e dell'articolazione temporo-mandibolare. Nella seconda fase invece, era stato eseguito un lavoro di stretching ma anche di rinforzo e di mantenimento richiedendo al paziente movimenti fini e specifici come baciare, corrugare la fronte, strizzare gli occhi etc. Infine, nella terza fase era stato svolto un lavoro sull'alternanza di attivazione fra muscolatura innervata dal ramo superiore e inferiore del nervo, richiedendo quindi di attivare alternativamente la regione orbicolare e buccale. Per questo motivo, gli esercizi richiesti al paziente miravano ad eseguire espressioni sempre più fini evitando e/o spegnendo le eventuali sincinesie. Parallelamente, il paziente aveva il compito di svolgere in autonomia degli esercizi specifici per rinforzare e mantenere i progressi ottenuti in clinica. Infine, anche sotto richiesta del paziente e in accordo con il medico responsabile, era stato appositamente confezionato uno splint facciale con l'obiettivo di vicariare la funzione lesa in attesa del recupero stenico necessario al recupero dell'attività lavorativa. Per questo motivo, il tutore era stato usato dal paziente per non più di un'ora al giorno e per un periodo di tempo limitato. Lo splint, interamente confezionato dal fisioterapista, si componeva di una parte in materiale termoplastico rivestito, posto sopra la guancia sinistra e sopra le labbra per stabilizzare l'appoggio e la stretta delle labbra attorno all'imboccatura dello strumento e, contemporaneamente, comprimendo la guancia, per impedire perdite d'aria durante l'emissione del fiato. Il tutto, legato dietro la testa, permetteva di avere uno strumento funzionale, seppur non esteticamente bello. Il paziente infatti, era riuscito a continuare l'insegnamento nonostante non fosse ancora guarito. Al termine del primo ciclo di 30 sedute, eravamo riusciti ad ottenere degli importanti risultati come la chiusura completa dell'occhio, la corretta simmetria della rima labiale a riposo, la comparsa della plica naso-labiale e la totale assenza di parestesie o sincinesie alla richiesta di attivazione volontaria con possibilità da parte del paziente di riprendere ad esercitarsi con lo strumento. Inoltre, eseguendo nuovamente la scala di valutazione Sunnybrook il punteggio ottenuto era aumentato a 67 punti, contro gli 8 punti alla valutazione iniziale. Il paziente ha poi continuato la fisioterapia arrivando a recuperare pienamente ogni funzione.

Da questo caso capiamo ancora una volta quanto sia importante la collaborazione tra fisioterapista, medico e paziente e soprattutto, la necessità di stabilire obiettivi comuni per raggiungere al meglio la guarigione.

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